L’informazione in tempo di guerra
Quanto conta la verità in tempo di guerra? Tutto: con l’informazione si dà forma al parere di interi popoli e se ne orientano le azioni, anche quelle più atroci. L’informazione è sinonimo di libertà e può fare la differenza, soprattutto nei conflitti. Il conflitto politico più evidente in queste settimane è quello tra Russia e Ucraina, che rischia di coinvolgere il resto del mondo e sta già avendo ripercussioni economiche, sociali e umanitarie su larga scala.
La fruizione delle informazioni, specie se da più fonti diversificate, è ciò che permette a tutti di costruire un pensiero critico. La guerra è sempre accompagnata dalla propaganda, che aiuta chi ha il potere ad orientare l’attenzione del popolo su determinati fatti o idee. Più il potere è accentrato, più la libertà di informazione è in pericolo. E’ il caso della Russia, che sta progressivamente limitando le fonti di informazioni lontane del regime.
I social dalla parte della libertà d’informazione
Oggi una delle fonti di informazione più facili da fruire e veloci nel far circolare le notizie sono i social media. Sia i creators che le fonti più accreditate come giornalisti e testate internazionali, si sono esposti man mano che gli eventi si facevano più tragici. Da una parte, i media russi che distorcono ciò che succede oltre i loro confini, costruendo una retorica completamente avulsa dalla realtà; dall’altra, l’occidente è ben informato su cosa stia succedendo: le notizie corrono sui canali Telegram, arrivano su Instagram le foto dal fronte, i canali tv mandano in loop i video dei bombardamenti…ma non tutti questi materiali sono veritieri.
Si scopre, dopo un’attenta analisi, che molti filmati sono relativi a vecchi fatti di cronaca bellica, e sono stati completamente decontestualizzati, magari per fretta e per noncuranza di chi ha dovuto produrre un contenuto così delicato in tutta fretta. Ma il “potere” dei social media non sta solo nel rischio della disinformazione: i social sono ormai entità politiche, con potere commerciale e “sociale”, appunto. Ed ecco che Facebook, Twitter, YouTube e TikTok prendono posizione nel conflitto, provando a limitare la diffusione di contenuti inattendibili o legati alla propaganda. Non finisce qui, perché bloccano anche l’accesso a Russia Today, emittente russa in lingua inglese. Strada analoga quella di Alphabet, la holding che controlla anche il motore di ricerca Google e YouTube. Negli ultimi giorni, Tik Tok ha addirittura bloccato la creazione di contenuti sul suolo russo. I giganti dell’informazione sono davvero scesi “in trincea”.