Paure desideri e aspettative della generazione che lavora da remoto e guarda al futuro del mondo del lavoro con speranza e decisione
Scintille e lati oscuri dello smartworking per i giovani
Un’indagine condotta da Marketers consacra lo smart working come il prediletto dagli under 30 italiani. Il futuro è qui: 97 su 100 hanno risposto “si” quando gli è stato chiesto se vorrebbero continuare a lavorare “in smart” per il resto della loro carriera, anche se, diciamocelo, l’esperienza del lavoro da remoto è stata, per i più, associata all’inizio della pandemia. A riprova di ciò, il 25% degli intervistati ha dichiarato di averlo svolto dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Il 48&, poi, ha le idee ben chiare e afferma che non ci siano lati negativi in questa esperienza. Questo dipende dal fatto che i lavoratori coinvolti nell’indagine hanno associato ai periodi di smart working un minore livello di stress e un incremento del tempo che si può dedicare a se stessi, ai propri affetti e alle proprie passioni.
Ma non è tutto oro ciò che luccica: un’analisi di McKinsey completa il quadro ed evidenzia come il lavoro da remoto abbia fatto insorgere anche ansia e frustrazione, in modo direttamente proporzionale nei casi di ambienti lavorativi che non hanno creato un senso di comunanza e possibilità di esprimere anche le proprie emozioni negative. La stessa indagine ha anche confermato come i maggiori benefit del lavoro da remoto siano il bilanciamento tra lavoro e vita privata e la flessibilità. D’altra parte, invece, ha dato voce a paure come quella della perdita del senso di comunità e connessione coi colleghi e col proprio team.
Le aspettative dei giovani sul lavoro da remoto
OneDay e Sole 24 Ore mettono le nuove generazioni di lavoratori al centro dell’Osservatorio “Smart Working: il punto di vista di GenZ e Millennials” e ciò che salta all’occhio è che i giovani strizzano l’occhio allo smart working, dando però peso all’importanza della formazione sul posto di lavoro.
Un sorprendente 72% dei rispondenti non vuole rinunciare all’ufficio, ma suggerisce che gli spazi debbano essere ripensati in funzione del cambiamento: incentivare la condivisione, assecondare la creatività, prevedere e supportare la convivialità. Otto giovani su dieci indicano gli orari flessibili come qualcosa di fondamentale, così come la possibilità di lavorare per obiettivi, e non in base a delle scadenze temporali. La grande maggioranza (80%) ha anche sottolineato l’importanza della formazione personalizzata all’interno degli orari di lavoro e del welfare aziendale. E’ una generazione, quindi, attenta al futuro quella che si affaccia sul nuovo decennio, forte dell’esperienza della pandemia e sempre più decisa su quali siano i propri obiettivi e, soprattutto, le proprie priorità.
Ora sta alle aziende cogliere e accogliere questi desideri e trasformarli nel punto di forza del proprio business.