La nascita della fotografia
1839: il procedimento fotografico di Louis Jacque Mandè Daguerre diviene brevetto. E’ la nascita della fotografia. Inizialmente era il Dagherrotipo: una lastra ricoperta d’argento che, trattata chimicamente in camera oscura davanti a un soggetto, mostra un’immagine speculare dell’oggetto ripreso. E’ una rivoluzione per il mondo del ritratto, che diventa alla portata di tutti, aprendo la strada alla memoria familiare e collettiva come la conosciamo oggi. Il dagherrotipo è un unicum: non si possono ricavare copie.
Più o meno negli stessi anni, in Inghilterra, William Henry Fox Talbot fa nascere coi suoi esperimenti i “disegni fotogenici”, poi Sir John F.W. Herschel inventa il bagno di fissaggio usato ancora oggi. La prima carta su cui viene stampata la fotografia è un foglio detto “carta salata”. Questa, nel 1850, viene soppiantata dalla carta all’albumina, negli stessi anni in cui nascevano le stampe al carbone. Nel 1851 L’inglese Frederick Scott Archer inventa il procedimento al collodio umido, che soppianta tutte le altre tecniche fino agli anni Ottanta dell’Ottocento. Nel 1880 il collodio cade in disuso ed è sostituito da una emulsione che permette di preparare le lastre in anticipo e di svilupparle poi in laboratorio. Sono gli albori della fotografia moderna. Si vedono le prime macchine fotografiche portatili con negativi inseriti, che permettono a tutti di scattare “istantanee” per fissare un istante, un ricordo.
La GenZ scopre la fotografia come arte
Nel 1902 Alfred Stieglitz è tra i fondatori della Photo-Secession, che voleva diffondere la percezione della fotografia come arte pittorica e poi come arte a se stante, sempre più staccata dalla pittura tradizionale.
Lo scatto diventa l’identificazione di soggetto e forma, e al contempo nasce la Straight Photography, la “fotografia diretta”, una ripresa del soggetto che non è più un accessorio dei sentimenti del fotografo.
La fotografia si è continuata ad evolvere e ha acquistato man mano valore e dignità, al pari delle altre discipline artistiche. Con sempre più tecniche fotografiche a disposizione e l’avanzare della tecnologia dei supporti, gli orizzonti della fotografia si sono estesi, fino al mescolamento con il digitale e il non-reale. Che sia uno scatto quasi “vergine”, come i ritratti di James Barnor – recentemente esposti a Lugano – o abbondantemente modificato, come quelli del maestro David Lachapelle in mostra al Mudec con “Io credo nei miracoli”, l’arte della fotografia permette flessibilità e infinite soluzioni affinchè il genio creativo dietro l’obiettivo si senta pienamente espresso. Ci continuerà ad accompagnare anche mentre entriamo nel Metaverso e paghiamo con monete virtuali? Speriamo davvero di sì.